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Tar Lazio - Roma, Sez. III Quater, 15 febbraio 2022
1. Contratti pubblici - Revisione prezzi - Indagine di tipo bifasico - Prima fasa per accertamento presupposti riconoscimento compenso revisionale - Posizione appaltatore - Interesse legittimo....

1. CONTRATTI PUBBLICI – REVISIONE PREZZI – INDAGINE DI TIPO BIFASICO – PRIMA FASA PER ACCERTAMENO PRESUPPOSTI RICONOSCIMENTO COMPENSO REVISIONALE – POSIZIONE APPALTATORE – INTERESSE LEGITTIMO
2. CONTRATTI PUBBLICI – REVISIONE PREZZI – ISTANZA APPALTATORE – SILENZIO PA – CONTRASTO CON PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO 

Tar Lazio – Roma, Sez. III Quater, 15 febbraio 2022, n. 1818

1. La giurisprudenza amministrativa ha da tempo condivisibilmente chiarito che la domanda giudiziale avente ad oggetto la revisione dei prezzi deve essere definita, sul piano processuale, secondo “un’indagine di tipo bifasico volta dapprima all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale – aspetto per il quale è consentito il giudizio impugnatorio riferito all’atto autoritativo della P.A. e al suo surrogato costituito dal silenzio rifiuto; e solo in un momento successivo alla verifica del quantum debeatur, secondo meccanismi propri della tutela delle posizioni di diritto soggettivo”, con la conseguenza che “qualunque provvedimento espresso o tacito che, collocandosi nella prima fase, espressamente neghi la revisione o non dia seguito all’istanza dell’appaltatore, involge posizioni di interesse legittimo e come tale va impugnato nei termini di rito, indipendentemente dalle ragioni sulla cui base la posizione di diniego venga assunta” (cfr. C. di St. n. 3827/2018).
Dunque, la posizione dell’appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell’istruttoria, in presenza di una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante che deve effettuare un bilanciamento tra l’interesse dell’appaltatore alla revisione e l’interesse pubblico connesso sia al risparmio di spesa, sia alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato.

2. La condotta inerte tenuta dalla ASL si pone in contrasto con i principi di buon andamento della P.A.: il legislatore ha da tempo intrapreso la strada diretta a porre fine alla prassi negativa degli uffici di non rispondere alle istanze dei privati, obbligando i richiedenti ad agire in giudizio per il solo fine di ottenere una risposta, pur sussistendo un preciso obbligo di legge (art. 2, comma 1, l. n. 241/90) che impone di concludere il procedimento con l’adozione di un provvedimento espresso.
La giurisprudenza ha sottolineato che “In presenza di una formale istanza l’amministrazione è tenuta a concludere il procedimento anche se ritiene che la domanda sia irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, non potendo rimanere inerte: il legislatore, infatti, ha imposto alla P.A. di rispondere in ogni caso (tranne i casi limite di palese pretestuosità) alle istanze dei privati nel rispetto dei principi di correttezza, buon andamento, trasparenza, consentendo alle parti di difendersi in giudizio in caso di provvedimenti lesivi dei loro interessi giuridici” (cfr. C. di St. n. 3118/2020).

Pubblicato il 15/02/2022
N. 01818/2022 REG.PROV.COLL.
N. 08961/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8961 del 2021, proposto da
OMISSIS S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ciro Esposito, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro

Azienda Ospedaliera Universitaria OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Andrea Claudio Maggisano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’accertamento

dell’illegittimità del silenzio – inadempimento serbato dall’A.O.U. OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, in merito all’istanza inoltrata dalla ricorrente società, con nota prot. n. GC191 del 20.4.2021, trasmessa a mezzo pec in data 21.4.2021

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Azienda Ospedaliera Universitaria OMISSIS;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2022 la dott.ssa Francesca Ferrazzoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. I fatti oggetto della odierna controversia sono i seguenti.

Con determinazione n. 394/ABS del 30.11.2010, l’Azienda Ospedaliera Universitaria OMISSIS ha aggiudicato alla OMISSIS s.p.a. la gara con procedura aperta per la fornitura triennale di “Medicazioni sterili e non”, per un importo annuo presunto di Euro 379.702,37 iva inclusa.

Con nota prot. n. GC191 del 20.4.2021, trasmessa a mezzo pec in data 21.4.2021, la società ha chiesto l’aggiornamento prezzi ai sensi e per gli effetti del disposto dell’art. 1164 c.c. e dell’art. 115 del D.gs. n. 163/2006.

Tuttavia, alcuna determinazione è stata adottata dall’Azienda sul punto che è rimasta inerte.

Di qui il ricorso in esame, notificato il primo settembre 2021, con il quale la Svas ha chiesto al Tribunale adito di “accertare e dichiarare l’illegittimità del silenzio- inadempimento serbato dall’A.O.U. OMISSIS” e, per l’effetto, di “ordinare all’A.O.U. OMISSIS resistente di provvedere sulla ripetuta istanza inoltrata dalla ricorrente società in data 21.4.2021 entro il termine di trenta giorni, all’uopo disponendo nella emananda sentenza la nomina di un Commissario ad Acta con potere di sostituirsi all’A.O.U. OMISSIS per l’adozione del provvedimento richiesto nel caso quest’ultima persista nella sua inerzia oltre tale termine”.

Si è costituita l’Azienda Ospedaliera con mera memoria di stile.

Alla camera di consiglio dell’11 febbraio 2022 la causa è stata introitata per la decisione.

2. Premette il Collegio che, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, c.p.a ., rientra nella giurisdizione del G.A. la controversia inerente alla revisione dei prezzi in un contratto qualificabile come appalto pubblico di servizi, atteso che l’art. 244 del Codice dei contratti pubblici – superando la tradizionale distinzione in base alla quale erano devolute alla giurisdizione del G.O. le controversie relative al quantum della revisione prezzi e al G.A. quelle relative all’an debeatur – impone la concentrazione dinanzi alla stessa autorità giurisdizionale di tutte le cause relative all’istituto della revisione dei prezzi negli appalti pubblici ad esecuzione continuata e periodica, con conseguente potere del G.A. di conoscere della misura della revisione e di emettere condanna al pagamento delle relative somme, risultando in tal modo superata la tradizionale distinzione fondata sulla consistenza della situazione soggettiva fatta valere (cfr. TAR Napoli n. 5934/2021).

3. Nel merito, il ricorso è fondato e deve essere accolto per le ragioni che si vengono ad illustrare.

4. L’istituto della revisione prezzi, con le sue modifiche e integrazioni stratificatesi nel tempo, è basato su una finalità che è riconducibile alla salvaguardia dell’interesse pubblico per garantire che l’esecuzione di contratti relativi a beni e servizi in modo che questi ultimi non vengano esposti, a causa della eventuale eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni, al rischio di incompiutezza delle attività contrattualizzate. Questa condizione svolge anche una tutela nei confronti dell’esecutore al quale va riconosciuto un giusto compenso a fronte delle prestazioni fornite.

L’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, prevedeva che: “Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all’articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5”.

A sua volta, l’art. 7 del Codice del 2006 attribuiva all’Osservatorio sui contratti pubblici istituito presso l’A.V.C.P. la competenza a determinare annualmente “costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura in relazione a specifiche aree territoriali, facendone oggetto di una specifica pubblicazione, avvalendosi dei dati forniti dall’ISTAT, e tenendo conto dei parametri qualità prezzo di cui alle convenzioni stipulate dalla CONSIP, ai sensi dell’articolo 26, legge 23 dicembre 1999, n. 488”.

Le disposizioni richiamate non prevedevano il diritto dell’appaltatore alla revisione automatica del corrispettivo nei contratti di durata, bensì: un obbligo per l’Amministrazione di inserire nel contratto una clausola che regolasse la revisione prezzi; un procedimento amministrativo per l’applicazione della revisione prezzi, basato sull’istruttoria da parte dei dirigenti responsabili della acquisizione dei beni e servizi, sui dati forniti dall’Osservatorio o dall’ISTAT.

5. Orbene, in ordine alla fissazione dell’adeguamento spettante all’appaltatore, è da escludere che la pretesa vantata da quest’ultimo abbia la consistenza di un diritto soggettivo perfetto, suscettibile di accertamento e condanna da parte del giudice amministrativo; infatti, le citate disposizioni prescrivono che la determinazione sia effettuata dalla stazione appaltante all’esito di un’istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi.

Sul punto, la giurisprudenza amministrativa ha da tempo condivisibilmente chiarito che la domanda giudiziale avente ad oggetto la revisione dei prezzi deve essere definita, sul piano processuale, secondo “un’indagine di tipo bifasico volta dapprima all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale – aspetto per il quale è consentito il giudizio impugnatorio riferito all’atto autoritativo della P.A. e al suo surrogato costituito dal silenzio rifiuto; e solo in un momento successivo alla verifica del quantum debeatur, secondo meccanismi propri della tutela delle posizioni di diritto soggettivo”, con la conseguenza che “qualunque provvedimento espresso o tacito che, collocandosi nella prima fase, espressamente neghi la revisione o non dia seguito all’istanza dell’appaltatore, involge posizioni di interesse legittimo e come tale va impugnato nei termini di rito, indipendentemente dalle ragioni sulla cui base la posizione di diniego venga assunta” (cfr. C. di St. n. 3827/2018).

Dunque, la posizione dell’appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell’istruttoria, in presenza di una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante che deve effettuare un bilanciamento tra l’interesse dell’appaltatore alla revisione e l’interesse pubblico connesso sia al risparmio di spesa, sia alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato.

6. Pertanto, la qualificazione in termini autoritativi del potere di verifica della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale comporta che il privato contraente potrà avvalersi solo dei rimedi e delle forme tipiche di tutela dell’interesse legittimo. Ne deriva che sarà sempre necessaria l’attivazione, su istanza di parte, di un procedimento amministrativo nel quale l’Amministrazione dovrà svolgere l’attività istruttoria volta all’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, compito che dovrà sfociare nell’adozione del provvedimento che riconosce il diritto al compenso revisionale e ne stabilisce anche l’importo. In caso di inerzia da parte della stazione appaltante, a fronte della specifica richiesta dell’appaltatore, quest’ultimo potrà agire contro l’inadempimento dell’Amministrazione, ma non potrà demandare in via diretta al giudice l’accertamento del diritto, non potendo questi sostituirsi all’Amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa (in tal senso, ex multis, T.A.R. Lazio n. 8752/2017).

7. Tanto premesso, e venendo ora al caso di specie, rileva il Collegio che la parte ha proposto in ricorso “domanda di accertamento dell’illegittimità del silenzio- inadempimento serbato dall’A.O.U. OMISSIS” e, per l’effetto, di “ordinare all’A.O.U. OMISSIS resistente di provvedere sulla ripetuta istanza inoltrata dalla ricorrente società in data 21.4.2021 entro il termine di trenta giorni”.

E’ bene stigmatizzare che la condotta inerte tenuta dalla ASL si pone in contrasto con i principi di buon andamento della P.A.: il legislatore ha da tempo intrapreso la strada diretta a porre fine alla prassi negativa degli uffici di non rispondere alle istanze dei privati, obbligando i richiedenti ad agire in giudizio per il solo fine di ottenere una risposta, pur sussistendo un preciso obbligo di legge (art. 2, comma 1, l. n. 241/90) che impone di concludere il procedimento con l’adozione di un provvedimento espresso.

La giurisprudenza ha sottolineato che “In presenza di una formale istanza l’amministrazione è tenuta a concludere il procedimento anche se ritiene che la domanda sia irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, non potendo rimanere inerte: il legislatore, infatti, ha imposto alla P.A. di rispondere in ogni caso (tranne i casi limite di palese pretestuosità) alle istanze dei privati nel rispetto dei principi di correttezza, buon andamento, trasparenza, consentendo alle parti di difendersi in giudizio in caso di provvedimenti lesivi dei loro interessi giuridici” (cfr. C. di St. n. 3118/2020).

8. Per tali ragioni, reputa il Collegio che deve ritenersi sussistente l’obbligo di provvedere, ai sensi dell’art. 2, l. n. 241/90. Invero, tale previsione normativa prevede che: “Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo”.

In tal modo, il legislatore ha inteso generalizzare l’obbligo di provvedere con atto espresso, anche nelle ipotesi in cui vi siano, ictu oculi, impedimenti tali da impedire l’accoglimento dell’istanza. Ciò al fine di garantire la certezza dei tempi nell’esercizio dell’azione amministrativa, e prevenire danni correlati all’inerzia della P.A.

Il tutto sul presupposto che l’esistenza di un termine per provvedere costituisce ora, per ricevute acquisizioni giurisprudenziali, autonomo bene della vita, sul quale il privato deve poter fare ragionevole affidamento al fine di autodeterminarsi e orientare la propria attività economica.

In tal senso l’amministrazione a tutt’oggi non si è determinata, sicché deve ritenersi acclarato il suo silenzio rifiuto sull’istanza in esame.

9. Alla luce di tali considerazioni, la domanda di accertamento dell’obbligo di provvedere è fondata.

Ne consegue l’ordine alla l’Azienda Ospedaliera Universitaria OMISSIS di pronunciarsi sull’istanza presentata dalla ricorrente, da ultimo a seguito dell’instaurazione del presente giudizio, entro gg. 30 dalla notificazione/comunicazione della presente sentenza.

In difetto, si provvederà alla nomina di commissario ad acta.

10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e ordina per l’effetto all’Azienda Ospedaliera Universitaria OMISSIS di pronunciarsi sull’istanza presentata dalla ricorrente, di accertamento del proprio diritto alla revisione dei prezzi, entro gg. 30 dalla notificazione/comunicazione della presente sentenza.

Condanna l’Azienda Ospedaliera Universitaria Sant’ Andrea in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente, liquidate complessivamente in € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori (se e in quanto dovuti) ed oltre alla refusione del contributo unificato se versato, da distrarsi in favore dei difensori antistatari.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2022 con l’intervento dei magistrati:

Maria Cristina Quiligotti, Presidente

Roberto Vitanza, Consigliere

Francesca Ferrazzoli, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesca Ferrazzoli Maria Cristina Quiligotti

IL SEGRETARIO


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