Ai revisori dei conti degli enti locali sarà possibile eleggere due province della propria regione per le "candidature". Ma i professionisti con più esperienza non saranno raggruppati in una quarta fascia, riservata agli enti più grandi. Sono le due novità del nuovo decreto del ministero dell' Interno che disciplina l' elenco dei revisori dei conti e le modalità di nomina negli enti locali. Il testo è pronto, e attende nelle prossime settimane il nuovo esame della Conferenza Stato-Città, per poi percorrere l' ultimo miglio con i pareri finali che seguirebbero l' accordo politico fra governo e amministratori locali. Il testo, va detto, è un altro esempio classico del percorso infinito che separa in Italia il momento di ideazione delle regole da quello della loro (eventuale) applicazione. I correttivi alla riforma dei revisori hanno infatti appena compiuto due anni. Il primo passaggio del nuovo decreto in Conferenza Unificata risale all' 8 novembre del 2018. Con il suo lento passo da montagna, il provvedimento ha ottenuto il via libera del Garante della Privacy, essenziale per la tenuta dell' Albo con i nominativi dei professionisti, il 12 giugno 2019, e ha superato l' esame del Consiglio di Stato il 18 ottobre dello stesso anno. Nel frattempo però il legislatore non è stato fermo. E con il collegato fiscale alla manovra 2020 si è occupato dei revisori, anche se non c' entrano nulla con le tasse, inserendo all' articolo 57-ter del Dl 124/2019 una modifica che ha ridotto da regionale a provinciale il bacino di riferimento per ogni revisore. Con lo stesso provvedimento ha fatto rientrare la politica nei collegi di revisione, da cui era stata cacciata con la riforma del 2012, dando ai consigli degli enti locali la facoltà di scegliere il presidente fra i tre sorteggiati dove c' è il collegio e non il revisore unico. I due interventi hanno imposto di rimettere mano al decreto. E soprattutto hanno colpito e affondato una delle novità più importanti su cui si avevano lavorato i tecnici del Viminale e i rappresentanti dei revisori: la quarta fascia, che sarebbe stata riservata ai Comuni oltre i 50mila abitanti oltre che a Città metropolitane e Province e sarebbe stata riservata ai professionisti con più esperienza. I quali, e qui sta il punto determinante, avrebbero dovuto anche svolgere il ruolo di formatori per i colleghi al debutto. Perché uno dei problemi classici per i revisori è l' avvio dell' attività nelle vesti di revisore unico dei piccoli Comuni, ruolo difficile da svolgere davvero per chi non ha alcuna esperienza diretta sul campo. Ma ad affondare l' idea della quarta fascia è la scelta del bacino provinciale anziché regionale. Perché in molte Province solo il capoluogo avrebbe potuto arruolare questi revisori. L' articolazione per Province prova a limitare la pioggia delle rinunce dettate da motivi geografici, perché le Regioni sono grandi e i compensi piccoli (anche dopo i recenti aggiornamenti). Anche se la soluzione non sembra felicissima, e la limitazione della scelta a due province rischia di creare più di un problema. Con l' effetto collaterale di cancellare l' idea di quarta fascia. Perché per rafforzare le competenze dei nuovi revisori, iscritti obbligatoriamente alla prima fascia, si raddoppiano da 10 a 20 i crediti formativi. E si introduce un nuovo requisito che impone di aver svolto per almeno 18 mesi l' incarico di collaboratore di un revisore (articolo 239, comma 4 del Tuel) o di responsabile del servizio finanziario di un ente locale. Basterà? Difficile dirlo. E in ogni caso occorrerà aspettare perché i nuovi requisiti entreranno in vigore dal secondo anno successivo all' approvazione finale del decreto. Sempre che, nel frattempo, la politica non torni a occuparsi dei revisori.
DI Gianni Trovati
Fonte: Il Sole 24 ore - 09 novembre 2020
SCARICA ARTICOLO: Articolo Sole24Ore.pdf