La limitazione dell’autonomia dei Comuni nell’utilizzo di centrali di committenza
è compatibile con il diritto europeo
Con la recentissima pronuncia del 4 giugno 2020, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha cercato di risolvere alcune questioni pregiudiziali relative all’autonomia dei Comuni non capoluogo di provincia nell’utilizzo di centrali di committenza. Si tratta di una sentenza che arriva in un momento in cui il tema della centralizzazione degli appalti è tornato sotto i riflettori; infatti, sia l’Anac che la Corte dei Conti hanno recentemente sottolineato l’importanza di ridurre il numero di amministrazioni abilitate allo svolgimento di procedure di acquisto, specie di quelle più complesse, sia per aumentare il livello di qualità ed efficienza dell’azione amministrativa che per garantire un risparmio di spesa.
Nel caso che interessa, la vicenda trae origine dall’ordinanza n. 68 del 3.01.2019 per mezzo della quale il Consiglio di Stato ha rimesso alla CGUE due questioni relative all’art. 33 comma 3 bis del D.Lgs 163/2006 e più precisamente ha chiesto:
1. “se osta al diritto comunitario, e, in particolare, ai principi di libera circolazione dei servizi e di massima apertura della concorrenza nell’ambito degli appalti pubblici di servizi, una norma nazionale come l’art. 33, comma 3bis, d.lgs.12 aprile 2006, n. 163 che, letto in combinato disposto con l’art. 3, comma 25, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, in relazione al modello organizzativo dei consorzi di comuni, esclude la possibilità di costituire figure di diritto privato quali, ad es, il consorzio di diritto comune con la partecipazione anche di soggetti privati” ;
2. “se osta al diritto comunitario e, in particolare, ai principi di libera circolazione dei servizi e di massima apertura della concorrenza nell’ambito degli appalti pubblici di servizi, una norma nazionale, come l’art. 33, comma 3bis, che, ove interpretato nel senso di consentire ai consorzi di comuni che siano centrali di committenza di operare in un territorio corrispondente a quello dei comuni aderenti unitariamente considerato, e, dunque, al massimo, all’ambito provinciale, limita l’ambito di operatività delle predette centrali di committenza”.
La Corte, esaminato il diritto europeo, ne ha sancito la compatibilità in virtù dell’ampio margine di discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri. Dunque, a detta dei giudici europei, “una normativa nazionale che limiti la libertà di scelta dei piccoli enti locali di ricorrere a una centrale di committenza, prescrivendo a tal fine due modelli di organizzazione esclusivamente pubblica, senza la partecipazione di persone o di imprese private, non viola l’obiettivo di libera prestazione dei servizi e di apertura alla concorrenza non falsata in tutti gli Stati membri, perseguito dalla direttiva 2004/18, dal momento che essa non colloca alcuna impresa privata in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti. 66 Peraltro, detta normativa nazionale non accorda alcuna preferenza ad un’impresa offerente nazionale. Al contrario, essa concorre all’obiettivo richiamato al punto precedente, in quanto pone i piccoli enti locali al riparo dal rischio di un’intesa tra una centrale di committenza e un’impresa privata che detenga una partecipazione in tale centrale di committenza”.
Si ricorda che nel regime attuale disciplinato dall’art.37 comma 4 del D.Lgs. 50/2016, sebbene questo sia stato sospeso “a titolo sperimentale” dallo Sblocca-cantieri fino al 31.12.2020, i Comuni non capoluogo di Provincia, per poter procedere ad acquisti “maggiori”[1] devono ricorrere a:
a) una centrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati;
b) unioni di comuni costituite e qualificate come centrali di committenza, ovvero associandosi o consorziandosi in centrali di committenza nelle forme previste dall’ordinamento;
c) una stazione unica appaltante costituita presso gli enti di area vasta ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56 e, quindi, stipulando un’intesa con le città metropolitane (art. 1, co. 44 lett. c) ovvero con le province.
[1] Per le forniture e servizi di importo pari o superiore a 40.000 euro e inferiore alla soglia comunitaria, e per lavori di manutenzione ordinaria di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 1.000.000 di euro, anche i Comuni non capoluogo possono procedere autonomamente utilizzando gli strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate.
di Giuseppe Piperata e Antonella Mucci
IN ALLEGATO IL TESTO:
La limitazione dell’autonomia dei Comuni nell’utilizzo di centrali di committenza è compatibile con il diritto europeo.doc