Può il vicesindaco sottoscrivere una richiesta di parere da sottoporre
alla Sezione regionale della Corte dei conti?
La questione è stata devoluta alla Sezione Autonomie dalla Corte dei conti, Sez. contr. Puglia, con la deliberazione n. 25/2020 e ha trovato soluzione con la deliberazione della Sezione Autonomie n. 11/2020. Come noto, l’art. 53 del TUEL prevede due distinte fattispecie nell’ambito delle quali il vicesindaco sia chiamato a svolgere le funzioni di Sindaco. Nel caso indicato al primo comma si è in presenza di un esercizio delle funzioni vicarie che si concretizza in una vera e propria reggenza a seguito di eventi di particolare rilievo (impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso); nel secondo comma, invece, vengono disciplinate quelle fattispecie in cui si verifica una sostituzione e supplenza temporanea dell’organo per eventi sostanzialmente fisiologici legati all’espletamento del mandato (assenza e impedimento temporaneo). Ci si è chiesti in particolare se sia ammissibile la richiesta di parere risulta firmata dal vicesindaco che ha addotto un impedimento del Sindaco, tuttavia non specificato e/o documentato in atti.
Secondo un primo orientamento (cfr., in questi termini, Corte dei conti, sez. reg. Lombardia deliberazione n. 236/2018 e deliberazione n. 161/2015; sez. reg. Veneto n. 242/2018, sez. reg. Campania, n. 22/2014; sez. reg. Umbria, deliberazione 70/2010;) è stato ritenuto che esclusivamente in caso di comprovato e documentato esercizio delle funzioni cc.dd. «vicarie» il vicesindaco possa formulare richiesta di parere.
In particolare, è stato affermato che «A tal fine, le circostanze che impediscono l’esercizio della funzione da parte del Sindaco devono essere indicate in modo espresso nella formulata richiesta di parere, al fine di poter preliminarmente imputare effettivamente la richiesta di parere all’ente per il tramite dell’organo vicario di quello legittimato, ex art. 53 del T.U.E.L.» (Sez. Lombardia, delib. n. 236/2018).
Al riguardo è stato infatti ritenuto che «Nel caso di specie, non è rinvenibile dalla formulazione del quesito alcun riferimento alla legittimazione del Vicesindaco, né in merito all’esercizio delle funzioni vicarie di cui all’art. 53 comma 1 del TUEL, né in merito all’assenza/impedimento temporaneo nonché nel caso di sospensione dall’esercizio della funzione (rif. art. 53 comma 2 TUEL). Pertanto la richiesta di parere deve essere dichiarata inammissibile sul piano soggettivo» (Sez. Veneto, delib. n. 242/2018).
In mancanza di una tale dimostrazione, ovvero in assenza di un «fatto notorio», è stato ritenuto, pertanto, che l’istanza di parere sottoscritta dal vicesindaco fosse inammissibile, in quanto presentata da un soggetto privo di idonea legittimazione.
Un diverso e contrapposto indirizzo, invece, è stato espresso, meno recentemente, dalla sezione lombarda con deliberazione n. 218 del 2014, sottolineando testualmente che «La stessa legittimazione deve essere riconosciuta anche al vicesindaco del Comune, posto che, ai sensi dell’art. 53, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il vicesindaco sostituisce il sindaco in caso di assenza o impedimento temporaneo ed è, pertanto, giuridicamente legittimato ad adottare tutti i provvedimenti oggettivamente necessari nell’ interesse pubblico, essendo investito, come organo vicario, della pienezza dei poteri sostitutivi. Si precisa inoltre che anche nell’ipotesi in cui dall’atto del vicesindaco non emerga espressamente il titolo che legittima l’esercizio della potestà vicaria, deve ritenersi operante la presunzione che tale esercizio sia avvenuto nel rispetto dei presupposti di legge (Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazioni n. 16/2006 e n. 27/2008)».
Più di recente, la giurisprudenza amministrativa «ha chiarito che trattasi di una supplenza generale, prevista ex lege, che si estende a tutti gli atti del sindaco, senza bisogno di delega specifica, né di motivazione in ordine alle ragioni dell'impedimento del sindaco (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 21 novembre 2003, n. 7617; Sez. V, 1 ottobre 1999, n. 1224; TAR Palermo Sez. III, 12 ottobre 2005, n. 2455 e TAR L'Aquila Sez. I, 6 giugno 2007, n. 288)» (T.A.R. Bolzano, Trentino-Alto Adige, sez. I, sent. n. 129 del 04/06/2019).
La questione interpretativa appare di indubbia rilevanza, alla luce dei non marginali profili di carattere ermeneutico che il quesito involge, il quale va a toccare molteplici aspetti dell’attività amministrativa locale e del rapporto tra organi, nel quadro della complessiva forma di governo. Come è noto, infatti, il comma 2 dell’art. 46 del Tuel mette in evidenza che il sindaco e il presidente della provincia nominano un vicesindaco e un vicepresidente, a cui spettano funzioni vicarie, essendo chiamato a sostituire il sindaco in caso di assenza o impedimento (cfr. art. 53, comma 2), assumendone la rappresentanza dell’ente, adottando gli atti di competenza del sindaco stesso, presiedendo la giunta. Il successivo art. 53 del TUEL prevede due distinte fattispecie nell’ambito delle quali il vicesindaco sia chiamato a svolgere le funzioni di Sindaco. Nel caso indicato al primo comma, si è in presenza di un esercizio delle funzioni vicarie che si concretizza in una vera e propria reggenza a seguito di eventi di particolare rilievo (impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso); nel secondo comma, invece, vengono disciplinate quelle fattispecie in cui si verifica una sostituzione e supplenza temporanea dell’organo per eventi sostanzialmente fisiologici legati all’espletamento del mandato (assenza e impedimento temporaneo). Orbene, il Consiglio di Stato ha ribadito che il vicesindaco sostituisce il sindaco in caso d'assenza o d'impedimento di costui, con una supplenza generale che si estende a tutti gli atti sindacali, senza bisogno di delega specifica (Cons.Stato, Sez. V, 1ottobre 1999, n. 1224, in Foro Amm., 1999, 2061 e in Cons. Stato, 1999, I, 1590). Del resto, in base all’art. 54, comma 5, al vicesindaco (ed a qualunque assessore che sostituisca il sindaco) l’esercizio di queste funzioni vicarie ricomprende anche le attribuzioni che il sindaco esercita in qualità di ufficiale di governo (Ministero degli Interni Risoluzione 24.12.97, prot. n. 15900/1bis/20/102). In tal caso, il vice sindaco assume la veste di reggente (non di supplente) e diviene titolare, seppure in via temporanea e straordinaria, delle competenze sindacali (Min.Interno circolare n. 7 del 30 aprile 1996 n. 15900/1BIS/L.142/90. e Risoluzione 30.10.96, prot. n. 15900/1BIS/18/6).
Addirittura, si ritiene che in caso di decesso del sindaco, “la posizione del vice-sindaco può essere equiparata a quella del sindaco uscente, i cui poteri sono individuati in base alla natura urgente e improrogabile dell’atto da porre in essere, secondo quanto previsto nel comma 5 dell’articolo 38 del Tu 267/2000, applicabile in linea di principio anche alla Giunta e al sindaco (come stabilisce il parere del Consiglio di Stato 94/96, citato, che ovviamente riprendeva il commento delle analoghe disposizioni della legge 142/1990 ora recepite nel testo unico). In questo quadro di riferimento, caratterizzato dalla presenza di una situazione di improrogabilità o d ‘urgenza, deve essere valutata la sussistenza in concreto del potere del vice-sindaco di nominare nuovi assessori “(Il Viminale risponde ,in Guida agli enti locali ,18 novembre 2000 n. 42 p.58).D’altro canto, il quadro normativo -e di conseguenza la questione inerente su chi possa sottoscrivere la richiesta di parere - appare ancora piu’ complessa, solo che si rifletta sulla circostanza che in assenza di sindaco e vicesindaco, fa le veci del sindaco l'assessore anziano, senza che a tal fine occorra una specifica investitura (Cons. Stato ,Sez. V, 1 ottobre 1999, n. 1224,cit.). Ed anzi la dottrina ha posto in risalto che “, se si escludono le funzioni vicarie, i compiti del vicesindaco dipendono interamente dalle scelte in concreto esercitate dal sindaco. Sì che il vice potrà, nelle singole situazioni, configurarsi come un coordinatore dell’azione degli assessori, o come responsabile di (rilevanti) assessorati, o come un sostituto del sindaco sprovvisto di ogni ulteriore funzione: presentandosi, quando il sindaco è presente, come (per usare un’espressione che viene riferita al vicepresidente degli Stati Uniti) “un uomo in frigorifero” (Vandelli, Tessaro, commento all’art. 46 del Tuel, in Organi e sistema elettorale, Comm. al T.U. sull'ordinamento autonomie Locali, a cura di Luciano Vandelli, Tiziano Tessaro, Salvatore Vassallo, Rimini, 2001, p.333).Il quesito, in realtà, non concerne la facoltà, in sè e per sè considerata, di sottoscrizione della richiesta, quanto la conoscibilità all’esterno della reale latitudine dei poteri conferiti all’organo vicario, avuto riguardo tuttavia alla peculiarità della attività consultiva della Corte : non a caso ,quindi , come aveva notato il Ministero dell’Interno (rubrica Viminale risponde, in Guida agli enti locali, 16 dicembre 2000, n. 63, p. 63), a garanzia della trasparenza su chi abbia la veste per presiedere la giunta, la norma dell’art. 46 del Tuel ne prevede anche la comunicazione al Consiglio, proprio al fine di evitare che la giunta possa essere presieduta da persona diversa da quella indicata nell’atto di nomina. Il Ministero ha perciò ritenuto che – a fronte della contemporanea assenza del sindaco e del vicesindaco – la persona titolata a presiedere l’organo in sostituzione del titolare non può avvenire interpretando le norme ma deve realizzarsi sulla base di elementi certi.
La questione interpretativa cosi complessivamente delineata è stata risolta dalla delibera della Corte dei conti, Sezione Autonomie, n. 11 del 19 maggio 2020, la quale, ha messo in evidenza che “la “vicarietà” non può essere presunta dalla Sezione regionale di controllo quando si tratti di decidere circa il requisito soggettivo di ammissibilità della richiesta di parere, in quanto la tutela dell’esigenza di continuità nell’azione amministrativa dell’ente locale investe un aspetto diverso e, per così dire, “esterno” alla funzione consultiva di questa Corte, rispetto alla necessità che la circostanza che abilita alla sostituzione del sindaco, e quindi la “vicarietà” dell’esercizio delle di lui funzioni, venga esplicitamente indicata nella richiesta di parere. Giova ricordare, infatti, che, ai sensi dell’art. 47, comma 3, del T.U.E.L., «Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco o dal presidente della provincia anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere». Analoga possibilità, ai sensi del comma 4 della medesima norma, può essere prevista nello Statuto dei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti. Pertanto, può accadere che il vicesindaco non sia un soggetto direttamente investito di rappresentanza popolare, ovvero che sia nominato a sua volta da un vicesindaco (ad esempio, in ipotesi di decesso del sindaco), fino a giungere all’ipotesi che la richiesta di parere sia formulata dall’assessore più anziano “spendendo” i poteri sostitutivi del sindaco ove sia quest’ultimo che il vicesindaco abbiano un impedimento. Appare del tutto evidente, quindi, che deve essere evitato il rischio che la richiesta di parere possa risolversi in un’interlocuzione tra una magistratura contabile competente per legge a fornire una consulenza a livello politico/istituzionale ed un organo di vertice politico che non sia deputato ad esprimere una richiesta (non meramente tecnico – amministrativa, ma) di interpretazione di norme funzionale a quella collaborazione istituzionale prefigurata dall’art. 119 della Costituzione. Con ciò prescindendosi anche dalle concrete e contingenti vicende dell’ente che hanno stimolato la richiesta di parere e per la cura delle quali è necessaria la continuità dell’azione amministrativa. Risulta, pertanto, in linea con le considerazioni di cui sopra il parere espresso dalla Sezione di controllo della Lombardia (mutando il proprio precedente orientamento) nella deliberazione n. 236/2018, a mente della quale «Le circostanze che impediscono l’esercizio della funzione da parte del Sindaco devono essere indicate in modo espresso nella formulata richiesta di parere, al fine di poter preliminarmente imputare effettivamente la richiesta di parere all’ente per il tramite dell’organo vicario di quello legittimato, ex art. 53 del T.U.E.L.». Negli stessi termini che qui si condividono si sono pronunciate le Sezioni regionali Veneto n. 242/2018, Campania, n. 22/2014 e n. 297/2016; Umbria, n. 70/2010).In senso sostanzialmente conforme, da ultimo, anche la Sez. reg. Lombardia n. 404/2019: «Sotto il profilo soggettivo, la richiesta di parere, proposta dal Vicesindaco, in considerazione della temporanea assenza del Sindaco per motivi di salute, deve ritenersi ammissibile in quanto, nella stessa istanza, vengono esplicitate in modo espresso le ragioni che legittimano lo stesso ad agire in sostituzione del sindaco e conseguentemente a rappresentare l’ente ai sensi dell’art. 52, comma 2 del TUEL». In proposito, la Sezione Autonomie con la delibera citata ha quindi concluso che «Ai fini dell’ammissibilità soggettiva, nella richiesta di parere inoltrata, alla Sezione regionale di controllo, dal vicesindaco devono essere indicate espressamente le circostanze di cui all’art. 53 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (impedimento permanente o temporaneo, decadenza o decesso del Sindaco) che legittimano l’esercizio delle funzioni vicarie»”
La delibera della Corte dei conti, Sez. Aut. n. 11 del 19 maggio 2020 ha un ulteriore pregio: quello di esprimere in modo plastico la distinzione dei “limiti della funzione consultiva attribuita alla Corte dei conti attengono, quanto al profilo soggettivo, sia all'ente che ha la capacità di proporre l'istanza, sia al soggetto che può effettuare formalmente la richiesta.
Il primo limite, che può definirsi come “legittimazione soggettiva esterna”, è posto espressamente dall’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003. La legittimazione soggettiva esterna a richiedere pareri alle Sezioni regionali di controllo appartiene alle Regioni, che la esercitano direttamente, e a Comuni, Province e Città metropolitane, le cui richieste sono formulate, di norma, tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito. Al riguardo questa Sezione, nella già richiamata delibera n. 13/AUT/2007, ha ribadito la natura tassativa dell’elenco contenuto nella norma sopra richiamata, anche in base alla considerazione che l’elencazione (Regioni, Comuni, Province, Città metropolitane) riproduce letteralmente quella dell’articolo 114 della Costituzione, nel testo sostituito dall’art. 1 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, della quale l’articolo 7, comma 8, della legge n. 131/2003 è norma di attuazione. Nella medesima delibera si è, inoltre, affermato che «la possibilità di andare oltre il significato letterale della legge, per applicare la norma anche a casi non espressamente previsti, ricorrendo all'interpretazione estensiva, è ammessa nel caso in cui l'oggetto non previsto possiede caratteri che lo assimilano a quelli contemplati dalla legge, tanto da presumere che il legislatore abbia omesso involontariamente di comprenderlo insieme con gli altri». Il secondo limite, che può definirsi come “legittimazione soggettiva interna”, riguarda il potere di rappresentanza del soggetto che agisce in nome e per conto dell'ente nella richiesta di parere. Tale legittimazione deriva dalla ratio della funzione consultiva intestata dalla legge alla Corte dei conti, quale organo di magistratura indipendente di rilevanza costituzionale, che agisce in posizione di neutralità in un contesto di attribuzione di natura collaborativa nell'interesse generale del sistema delle autonomie locali. Tale funzione non può risolversi in un servizio di consulenza amministrativa generale a favore dei soggetti interni al sistema delle autonomie, ovvero di consulenza amministrativa specifica su singoli atti a favore degli apparati burocratici degli enti territoriali. Consiste, invece, in un’interpretazione di norme fornita in termini di collaborazione istituzionale agli enti territoriali anche al fine del rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, e dell'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione Europea richiesto dall’art. 119 della Costituzione. Non può che conseguirne, dunque, l'ammissibilità soggettiva delle sole richieste provenienti dall’organo di vertice politico che detiene la rappresentanza istituzionale dell’ente”.
Di Tiziano Tessaro
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