Domani a Roma il confronto sul futuro delle Province
Se si raffronta l’unico risparmio della Legge 56/14 accertato, i 52 milioni di cancellazione dell’indennità degli organi politici, con l’aumento di 36 milioni dei soli costi del personale transitato nelle Regioni e nei ministeri – oltre 12.000 ex dipendenti provinciali, il risparmio della riforma delle Province arriva ad un totale di non più di 16 milioni. Lo 0,001 della spesa pubblica: 26 centesimi annui a cittadino.
“A fronte di questo risparmio, alle Province sono stati tagliati oltre 3 miliardi di risorse per i servizi essenziali ai cittadini che hanno di fatto bloccato per cinque anni la manutenzione ordinaria (-43% della spesa corrente dal 2013 al 2018) e la capacità di investimento delle Province su servizi essenziali (-71%di risorse per gli investimenti dal 2013 al 2018) a partire dai 130 mila chilometri di strade e dalle oltre 7.400 scuole secondarie superiori in gestione. E il pregiudizio sulle Province continua a pesare: negli ultimi provvedimenti per la crescita, le scuole secondarie superiori sono state escluse dai finanziamenti per l’efficientamento energetico, e non un euro è stato stanziato per aprire i cantieri, per cui abbiamo già progetti pronti, per mettere in sicurezza strade, ponti e gallerie”.
Lo dichiara il Presidente dell’UPI Michele de Pascale, anticipando alcuni dei temi su cui domani, giovedì 18 luglio, si confronteranno Governo, Parlamento, rappresentanti delle forze economiche e sociali, nell’incontro “Le Province oggi e domani: semplificare il Paese, migliorare i servizi, presidiare il territorio” (ore 10,30 – 13,30 Società Dante Alighieri, Sala del Primaticcio, Piazza Firenze 21).
“Chiediamo che si torni subito a discutere di come ridisegnare il ruolo delle Province, puntando su queste istituzioni per semplificare l’amministrazione locale, promuovere gli investimenti e assicurare servizi essenziali efficienti in tutto il Paese. Comprese le Regioni a Statuto Speciale, dove il caos sulle Province ha causato l’aumento delle strutture, come in Friuli Venezia Giulia con le 18 Unioni Territoriali Intercomunali, e il tracollo dei servizi, come in Sicilia e Sardegna dove le ex province sono commissariate dal 2013. Occorre intervenire anche sulla Legge elettorale, perché è del tutto evidente che se in 5 anni si torna a votare ben 11 volte, come è accaduto per le Province, qualcosa non funziona. Sono temi che vanno affrontati dati alla mano, tenendo presente sempre che da questi discende la sicurezza dei cittadini, lo sviluppo economico e sociale di gran parte del territorio, e che non possono essere trasformati in slogan politici”.